Le donne viste dalle donne

Gli stereotipi e le modelle bambine

Vogue Paris

Fotografie pubblicate su "Vogue Paris".

Dopo la spaventosa ed inquietante “collezione bambini” del 2010, che vedeva le piccole modelle di “Vogue Paris” ammiccanti e altamente sessualizzate in abitini leopardati e pose provocanti, sembra che la rivista di moda abbia fatto un passo avanti e abbia deciso di “normalizzare” i servizi fotografici e gli abiti proposti e adattarli al target di bambini a cui si rivolgono.
Dunque non vedremo più tacchi, collane, atteggiamenti ambigui e piccole Lolite, tra le pagine della rivista; niente più inviti alla “pedofilia”, ma semplici bambini.
Mi domando, però, sarà vero?
Inoltre, è giusto continuare a sfruttare i minorenni per pubblicità e prodotti, nonostante siano “loro” i destinatari (o meglio i loro genitori)?
Che trauma provoca in una bambina (e di conseguenza anche in un bambino) essere iper-sessualizzata ed inserita così presto in un contesto come quello pubblicitario, dove il corpo viene spogliato della sua personalità e del suo valore e diventa puro oggetto, pura merce, un tutt’uno col prodotto da reclamizzare?

Vogue Paris

Fotografie pubblicate su "Vogue Paris".

Vorrei ricordare che la rivista “Vogue Italia”, lo scorso anno, aveva promosso una petizione contro i siti “pro-ana”, cioè quei siti internet che promuovono l’anoressia e la magrezza come stile di vita.
Sul momento ho pensato fosse una barzelletta: da dove pensano possano prendere ispirazione le ragazzine che curano questi siti internet?
Da dove credono sia nato il “fenomeno pro-ana”, se non anche da un mondo come quello della moda, dove non conta la tua salute fisica, ma solo come il vestito che devi indossare ti “scivola” addosso?
Un mondo dove le donne diventano androgine, perdono forma e sostanza, diventano “manichino” alla mercè di un prodotto che è più importante di loro.
Una rivista come “Vogue” è la prima che dovrebbe cominciare a farsi un esame di coscienza su quanto possa avere influito sulla diffusione di determinati modelli in voga oggigiorno.
E non è mettendo in copertina modelle “curvy” (o meglio, rotonde) che si risolve il problema, non è proponendo l’opposto.
Non è cominciando a demonizzare il magro che si risolve qualcosa, perché esiste anche il magro-sano.

Si cominci a parlare di salute, si cominci a proporre modelle “normali”, che rappresentino le “donne reali”, cioè coloro che devono davvero indossare quegli abiti.
Si cominci a trasmettere il messaggio che ognuna di noi è bella così com’è perché è UNICA al mondo, perché ogni persona è speciale ed importante; che non c’è bisogno di chirurgia, di correzioni, di diete assurde e senza senso.
Ciò che conta di più è stare bene e LA BELLEZZA E’ SINONIMO DI SALUTE.
Solo a quel punto, forse, potremmo cominciare a vedere cambiare le cose!

 

N.B.: Pubblico tre foto del servizio fotografico in questione censurando il volto delle bambine fotografate, per una questione di tutela del minore. Ovviamente sulla rivista sono state pubblicate integralmente.

4 Comments

  1. Trovo osceno l’utilizzo sia di bambine sia di modelle anoressiche per scopi pubblicitari. Trovo che giornali come Vogue e stilisti vari debbano farsi un serio esame di coscienza e cercare di cambiare rotta davvero.
    Qualche anno fa la Milano Moda Donna aveva detto che non ci sarebbero più state in passerella modelle con meno della taglia 40. Ho assistito personalmente ad una sfilata di Marni e ho visto le foto dell’ultima di Armani (ma non è che gli altri stilisti siano diversi) e sono rimasta SCIOCCATA! Altro che 40, qui non si arriva neanche a una 36!
    E come ha detto recentemente Kate Winslet, “Ad essere sincera, io neanche le conosco donne che portano la 38. Anzi sì, una: mia figlia. Solo che Mia ha 11 anni».

  2. Molto alto il grado di sensibilità dimostrato dall’articolista che, tra l’altro, tutela l’immagine delle minori (cosa non fatta dalla rivista)rimarcando le demenziali proposte di stereotipi che nulla hanno a che vedere con gli esseri umani… Cultura che viene proposta da borghesotti annoiati e senza morale che portano (e sempre per noia) a quei famosi “festini” che abbiamo letto sui giornali.
    Complimenti all’articolista.

  3. Ottimo articolo e ottima analisi! E’ vergognoso come sfruttino i bambini e speriamo che sia un piccolo passo avanti.
    Avete anche ragione a sottolineare il controsenso della campagna di Vogue sull’anoressia, però!
    Avete ragione a dire che non sia una questione di taglie, perchè una donna può portare sia la 38 che la 50, l’importante è che sia in buona salute!
    NON è demonizzando una taglia che risolviamo il problema dell’anoressia o dell’obesità (ci sono anche donne molto magre per costituzione fisica, così come donne più morbide), ma smettendo di promuovere modelli che si danno alla fame pur di esaltare un vestito e promuovendo un’alimentazione sana, un amore profondo per se stessi così come si è e fare un po’ di sport!
    Questo non per apparire più belli, ma per stare bene!

  4. Non voglio crocifiggere chi usa bambini per le pubblicità. Lo si è sempre fatto. Ricordiamo la più famosa pubblicità della coppertone o della barretta kinder. Il problema è il come lo si fa. Qui i bambini rimanevano bambini. Non oggetti. Ci facevano sorridere perché non facevano altro che quello che di solito fanno. E sono. bambini. Non mi stupisco nemmeno se per fare uno spot fanno mettere dei tacchi o del rossetto. Potrebbe far parte del gioco simbolico. Anche io da piccola infilavo scarpe e collane di mammà. Il problema è cosa vogliamo trasmettere. E quelle pubblicità trasmettono tutto tranne l essere bambini. Non c’è innocenza. A volte non c’è nemmeno sessualità. Molto spesso sembrano solo oggetti nelle mani di chi si vuole divertire. Un po’come chi addobba i mini-cani. Anche loro spogliati dalla dignità. E anche la moda bimbo. Cosa propone ormai? Riproduzioni mini dei vestiti degli adulti. E non comprendo come certi genitori siano soddisfatti. Anche a far indossare un paio di LellyKelly (orrende peraltro) che , non solo fanno male alla salute, ma fanno sembrare le figlie solo caricature squallide di una società che non sa più che esiste un’età per ogni cosa.

Rispondi a Dario Sardota Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

Wide info - Template Powered by Wideinfo - For Tips and Tricks - Latest Internet News