Le donne viste dalle donne

“Parole come armi”

© Irma Gruenholz

© Irma Gruenholz

Più di una volta, nei nostri precedenti post (vedi [qui] e [qui]), abbiamo affrontato il tema spinoso della violenza psicologica.
Nel nostro paese, dove avviene quasi un femminicidio al giorno, è indispensabile ricominciare a chiamare le cose coi loro nomi e cominciare a denunciare il più possibile fenomeni che, altrimenti, rischiano di essere presi troppo superficialmente.

Vorremmo affrontare il tema della violenza psicologica (in particolar modo della violenza psicologica e perversa nei rapporti di coppia) perchè, purtroppo, è un fenomeno assai diffuso: può trovarsi nei rapporti di coppia con una manipolazione affettiva e un abuso da parte del partner, ma anche all’interno di un contesto lavorativo con fenomeni di mobbing o nell’ambiente scolastico con azioni di bullismo fra ragazz* e fra adulti.
Quante volte abbiamo sentito liquidare frettolosmente queste situazioni come “una ragazzata” nel caso dei bulli (o delle bulle) che maltrattano qualcun*, oppure come un semplice “battibecco amoroso” se si tratta di una coppia di persone?

Dobbiamo fermarci e cominciare a capire che la violenza psicologica è dannosa quanto la violenza fisica; è deleteria al punto da arrivare ad uccidere la vittima che, nella totale disperazione, può essere portata a compiere atti estremi quali l’autolesionismo e il suicidio.

E’ importante cambiare le cose affinchè una donna (o un uomo, anche se i dati parlano di una percentuale molto più alta di abusanti di sesso maschile), che subisce costante violenza psicologica dal compagno, possa decidere di denunciare la situazione e parlarne apertamente e non rischi di trovare dall’altra parte qualcuno che le risponda: “Di cosa ti lamenti? Almeno non ti picchia…”. Bisogna ricordare che la violenza (di qualsiasi tipo sia) è sempre finalizzata al dominio sull’altro.

La psicoterapeuta Marie-France Hirigoyen spiega che quello che ci porta a “distinguere la violenza coniugale da un semplice litigio di coppia non sono solo le botte e le parole offensive, bensì l’asimmetria nella relazione.”
Molte vittime, quando raccontano di ciò che hanno dovuto subire, spiegano che la violenza perversa è l’abuso più grande da vivere all’interno della coppia e asseriscono: “Quando mi insulta è come se mi picchiasse a sangue. Mi lascia intontita, psichicamente malata, KO.”

Infatti, la cosa principale di cui dovremmo cominciare ad occuparci per cominciare a cambiare le cose è il linguaggio: finchè un linguaggio irrispettoso nei confronti degli altri (soprattutto in riferimento al genere, all’orientamento sessuale, alla costituzione fisica, alla situazione professionale o la condizione sociale, etc…) sarà tollerato dalla collettività, non riusciremo a migliorare la situazione.
Come dice Marie-France Hirigoyen: “Piccoli atti perversi sono quotidiani da sembrare la norma. Tutto comincia con una semplice mancanza di rispetto, con un po’ di falsità o un accenno di manipolazione. […] Poi, se il gruppo sociale in cui simili comportamenti si manifestano non reagisce, subentrano gradualmente condotte apertamente perverse, che hanno gravi conseguenze sulla salute psicologica delle vittime. Poichè non sono sicure di venire capite, tacciono e soffrono in silenzio.”

Le conseguenze di tali comportamenti possono essere talmente gravi, da dover parlare, in caso di una manipolazione emotiva, di “trauma da narcisismo” (riconducibile ad un vero e proprio disturbo post-traumatico da stress) o di “sindrome da manipolazione relazionale”.
P. P. Brunelli nel suo saggio “Trauma da narcisismo nelle relazioni di coppia” spiega egregiamente cosa si intenda per “trauma da narcisismo” e scrive: Vi è poi un forte crollo dell’autostima per cui ci si sente brutti, incapaci, insicuri in quanto appare inconcepibile di essere stati trattati con tanta violenza psicologica dalla persona amata. […] La sindrome da TdN si caratterizza con un persistente stato d’angoscia e il pensiero ossessivo del fantasma del partner narcisista, del quale non si riesce a comprendere la crudeltà. Ciò si accompagna con attacchi di panico, depressione, ansia, difficoltà a dormire, difficoltà ad alzarsi la mattina, sociofobia (paura degli altri), disturbi dell’alimentazione, comportamenti compulsivi (come guidare pericolosamente, o drogarsi o fare abuso di farmaci), pensieri suicidari, difficoltà a stare da solo ma anche a stare in compagnia, disturbi della sfera sessuale, deterioramento delle relazioni familiari e delle amicizie (in quanto molti non capiscono e credono si tratti di una semplice storia d’amore finita, per la quale non si dovrebbe soffrire più di tanto), difficoltà nella vita lavorativa e nella capacità di concentrarsi, paura di luoghi e oggetti che rievocano il narcisista traumatizzante. Queste sintomatologie possono protrarsi per molto tempo con il rischio di minare effettivamente anche la salute fisica, provocando quindi l’insorgere di patologie somatiche, funzionali ed organiche, che possono diventare anche gravi”.
Allo stesso modo, la dottoressa Cinzia Mammoliti, criminologa e membro del Comitato Scientifico di LINK ITALIA, ritiene “di aver individuato una Sindrome, che abbiamo chiamato da Manipolazione Relazionale (da cui l’acronimo SDMR), che colpisce le vittime di questi soggetti e che si presenta sia in concomitanza del rapporto con loro che alla fine della relazione. Di durata soggettiva determina una sofferenza emotiva intensa e uno strazio correlato alla paura dell’abbandono causando, o slatentizzando, disturbi fisici, piscologici o psichiatrici, anche irreversibili. […] Detta sofferenza è strettamente correlata al profondo senso di frustrazione e impotenza che deriva dalla dicotomia delle emozioni che si provano (ossessione, bisogno, dipendenza, attaccamento al proprio carnefice e/o odio, repulsione, paura, vergogna e imbarazzo per i sentimenti positivi che si nutrono nei suoi confronti) e conseguente impossibilità di autodeterminarsi gestendo la propria emotività.”

E’ importante rendersi conto che non si è sol* ad affrontare situazioni devastanti di questo tipo: purtroppo le vittime della violenza perversa sono tantissime e cominciare a parlarne e a far capire a chi ci circonda in cosa consista questo fenomeno è il primo passo per allontanarsi da quella situazione e rendere più consapevoli gli altri e le altre di cosa si sta vivendo.

 

Il nostro intento è quello di diffondere, il più possibile, informazioni su cosa voglia dire subire violenza psicologica, quali siano le difficoltà da affrontare, quali le conquiste e come sia la riappropriazione dei propri spazi e della propria vita.
Uno spazio del nostro sito si chiamerà “Parole come armi”, come un capitolo dell’interessantissimo libro di Graziella Priulla “Parole tossiche. Cronache di ordinario sessismo”, e sarà, perciò, dedicato a questo: dalle vostre testimonianze, i vostri racconti personali (nel totale anonimato e nel rispetto della vostra privacy), ad articoli, recensioni di libri, interviste ed approfondimenti.
Tutto questo lavoro non ha l’obiettivo di trasmettere l’idea che le donne siano vittime, ma di diffondere il più possibile una consapevolezza e una coscienza critica su un argomento ancora poco considerato, ma decisamente molto pericoloso e con una diffusione su larga scala.

 

Se volete raccontarci le vostre storie potete farlo scrivendo a progetti@esseredonne.it
Le vostre parole e la condivisione delle vostre esperienze sono indispensabili!

Vi aspettiamo!

 

Bibliografia e link:

P.P. Brunelli: “Trauma da Narcisismo nelle relazioni di coppia: ipotesi per una nuova diagnosi. Il narcisismo patologico e la ferita narcisistica nel “vampirismo affettivo””, 2011

M.F. Hirigoyen: “Sottomesse. La violenza sulle donne nella coppia”, 2006. Einaudi

M.F. Hirigoyen: “Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia  e nel lavoro”, 2000. Einaudi

C. Mammoliti: http://www.cinziamammoliti.it/sindrome-da-manipolazione-relazionale/

G. Priulla: “Parole tossiche. Cronache di ordinario sessismo”, 2014. Settenove

8 Comments

  1. Gli uomini non capiscono nemmeno di cosa tu stia parlando, stai chiedendo a delle persone prevaricanti di comprendere che non dovrebbero esserlo ma credo avesse ragione la magli quando diceva che non lo fanno apposta, sono animali, la natura violenta della società, dell’economia, del sesso anche e di ogni aspetto che conosciamo lo dobbiamo alla proiezione del pene, all’arroganza ed al predominio di questo organo, Gli uomini dominano le donne, non hanno un dialogo reale con loro. Sono capace solo di indurci sofferenza e umiliazioni, state lontano dA QUESTI ESSERI, SONO INFERIORI E SI CREDONO PIù INTELLIGENTI E CIVILI.
    Un ragazzo è venuto con me da uno psicolgo dopo avermi lasciato per convincermi che io fossi schizofrenica, nemmeno quando la psicologa gli ha detto che mi stava sottoponendo a violenze morali continue la smetteva, nemmeno allora ha capito, LEi lo ga definito una personalità narcisistico ossessiva e mi ha detto di stargli lontano. LUI ha negato i fatti, SOSTIENE ANCORA OGGI IO SIA MALATA. MI minaccia…alternato a chiedermi di andare a bere caffè ed essere sua amica.

    NON é il primo nè l’ultima, io credevo fosse una cosa culturale del maschio latino invece dopo decine e decine di persone frequentate, Vi riporto la mia umile opinione, non cambia niente perché è la natura del rapporto che è sbagliata, di forza e manipolazione, non c’è condivisione, c’è solo pretesa prepotente, dominio…

  2. l’importante è saper distinguere tra un litigio anche acceso in cui vengono pronunciate “parole grosse” da ambo le parti e la violenza psicologica che mi sembra abbastanza difficile da definire tanto è vero che ci sono alcuni maschi vittimisti che dicono di subirla dalle donne.

    oltretutto non demonizzerei tutte le parole volgari, “sporco negro” in bocca a un leghista vuol dire una cosa..in un film di Tarantino ne vuol dire un’altra

    • Caro Vlad Tepes, nel nostro post non abbiamo parlato di “parole volgari”, ma di “insulti”. Gli insulti in quanto tali, mirano a offendere, ferire, denigrare, svilire, svalutare un’altra persona.
      Non ci riferiamo ad un semplice litigio in cui può capitare di dire cose che non si pensano (ma sempre nei limiti del rispetto), ma ci riferiamo ad atteggiamenti atti a distruggere l’interlocutore attaccandolo su più fronti su ciò che ha di più caro.
      L’esempio che fai tu delle parole “sporco negro”, non cambia. Sono parole offensive sia messe in bocca ad un leghista, sia messe in bocca ad un personaggio di Tarantino, con l’aggravante che, se diffuse su larga scala, rischano di farlo passare come linguaggio accettato, concesso e “normale”.
      Se prendi una persona adulta che è stata capace di autodeterminarsi potrà essere in grado, con una coscienza critica costruita con gli anni, di rendersi conto della “licenza poetica” (chiamiamola impropriamente così) dello sceneggiatore/regista/attore, ma un o una adolescente o un/una bambino/a che non ha gli strumenti per capire e contestualizzare, percepisce solamente che quel linguaggio è ammesso e, se i genitori non gli spiegheranno la differenza, lo userà a sua volta nella vita.
      Crescendo che linguaggio pensi userà coi coetanei e con le compagne/compagni?

    • Da uomo non sono d’accordo con questo commento. Mi sembra un po’ fuori tema.
      A parte che non si parla di parole volgari, ma di persone che cercano di sottometterne altre attraverso l’uso della parola, come è già stato spiegato in un paio di altri commenti. Ma poi parole come quelle che dici le trovo veramente terribili sia in un film che nella vita reale pronunciate da chicchessia!

  3. Questo articolo è scritto benissimo e mi piace molto l’idea del contenitore dove poter parlare della questione della violenza psicologica.
    Purtroppo ne sono stata vittima e so quanto sia difficile uscirne.
    Prossimamente manderò una mail con la mia storia, come spero facciano altre donne.
    Sarebbe bello poter vedere, finalmente, cambiare un po’ le cose.

  4. Mi sono identificata molto nelle tue parole.
    Quando dici che la violenza perversa è la cosa più dura da sopportare è vero. Nel tuo post sul gaslight avevi preso in pieno la situazione che ho vissuto anche io.

    Vorrei dire a Vlad Tepes che non sono molto d’accordo col suo commento. A parte che, in questo post non si parla di parole volgari, ma di “insulti”, ma poi, finchè nei film, in televisione e nei media saranno ammessi certi linguaggi irrispettosi, sessisti, razzisti, omofobi, etc… l’esempio che daremo è che sia un linguaggio lecito anche nella vita.

  5. Vorrei dire che sono proprio contento che il sito e voi in particolare abbiate deciso di occuparvi di questo argomento.
    Diffondo perchè un progetto come questo è indispensabile!

  6. Grazie. Mi sono sentita meno sola.
    In questo periodo della mia vita sto cercando di uscire proprio dalla storia con un narcisista perverso.
    Parlando con altre donne mi sono proprio resa conto che siamo tantissime ad aver subito questo genere di angherie.
    Sono storie e persone che sembrano fatte con lo stampino.

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